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Non finisce il mondo: lo dicono i maya

17.05.2012 // Cultura

Img: www.fanpage.it


Xultún è un’area archeologica del periodo classico maya, la più grande finora conosciuta di questo periodo. Situata a una quarantina di chilometri dalla più famosa Tikal, è stata scoperta fin dal 1915 ma non è ancora stata completamente riportata alla luce.

Recentemente però ha occupato le prime pagine dei giornali grazie a un importante ritrovamento: un dipinto murale con il più antico calendario maya finora conosciuto, secondo quanto riportato dalle autorevoli riviste National Geographic e Science che ne riportano la datazione a circa 1200 anni fa. 

Il dipinto rappresenta inoltre la prima opera d’arte murale ritrovata in una casa privata con pareti abbellite da pitture, molte delle quali sono calcoli relativi al computo del tempo. Forse si trattava della casa di uno scriba, che vi esercitava il suo lavoro. Su una di queste pareti vi sono infatti dei piccoli glifi rossi e neri che rappresentato i cicli dei differenti calendari usati dai maya: quello cerimoniale (il più corto, di soli 260 giorni), quello solare, quelli riferiti alle orbite di Venere, Marte e Mercurio.

Tra le altre sorprese, anche la constatazione che vi sono segnati 17 cicli calendariali, numero che comporta altre migliaia di anni rispetto alla immaginata fine del mondo del 2012, calcolata su soli 13 cicli.

Il clamore della scoperta e la sua connessione con l’interesse suscitato dalla presunta “profezia” sulla fine del mondo, può costituire una opportunità per stimolare l’interesse verso molti siti archeologici meno famosi di quelli usualmente visitati dai turisti, ma altrettanto ricchi di fascino e interesse scientifico ed altrettanto degni di attenzione per aiutarne la conservazione e valorizzazione.

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