Img: www.realde14.net
A oltre 2700 metri nella Sierra Madre Oriental sorge un paese “risorto”: Real de Catorce.
Già conosciuto come “paese fantasma”, si sta ripopolando e viene sempre più visitato dai turisti, attratti dal fascino dei suoi dintorni.
Ma che significa il suo nome (Reale di quattordici)? Forse, ma siamo nel campo delle supposizioni, si riferisce a un episodio della resistenza indigena contro gli spagnoli, avvenuto nel 1700. Durante gli scontri morirono, appunto, quattordici spagnoli.
La città è relativamente “giovane”. Venne infatti fondata solo verso la metà del diciottesimo secolo con la speranza di estrarre tanto argento dalle sue miniere da superare la più ricca miniera di Guanajuato. In effetti per decenni la città conobbe una frenetica “corsa all’argento”. Il suo isolamento in una zona desertica e l’arrivo di gente disposta a tutto pur di arricchirsi, per diversi anni fecero di Real de Catorce un violento Far West messicano.
La ricchezza delle sue miniere portò anche una grande prosperità: si costruirono ricchi palazzi, un’arena per le corride dei tori e una per i combattimenti dei galli. Al teatro Lavín si rappresentavano zarzuelas (operette), i nuovi ricchi bevevano vino europeo e regalavano abiti alla moda francese alle loro donne.
Poi, nel volgere di pochi anni, così come era arrivata, la ricchezza se ne andò. Le cause? Anch’esse poco sicure. C’è chi dà la colpa alle incursioni dei bandidos che irrompevano nelle città durante la rivoluzione messicana, costringendo la popolazione alla fuga. Un motivo più realistico può essere il crollo del prezzo dell’argento, verificatosi ai primi del ‘900.
Da allora Real de Catorce si spopolò, chi cercava una rapida fortuna andò a cercarla altrove, le sue case e i suoi palazzi rimasero abbandonati e andarono un po’ per volta in rovina. I pochi abitanti che restarono, rimasero in compagnia del vento che si infilava sibilando nelle finestre e nelle porte delle case.
Con la necessità di emigrare di molti suoi abitanti, è nata una nuova tradizione: chiedere una grazia a San Francesco, la cui immagine è collocata nella chiesa parrocchiale. Di richiesta in richiesta, di grazia in grazia, il santo è diventato così popolare che è diventata una tradizione il pellegrinaggio annuale alla chiesa della Purísima Concepción, dove è conservata la sua immagine.
In zona sopravvive un’altra importante tradizione, legata ai culti delle popolazioni indigene: il pellegrinaggio alla ricerca del peyote, un minuscolo cactus rotondeggiante, dai poteri allucinogeni, utilizzato dagli huicholes durante le loro cerimonie sacre.
La sua storia ha incuriosito i viaggiatori, che negli ultimi decenni si sono spinti sempre più numerosi in questa zona desertica e hanno fatto risorgere Real de Catorce, non più con lo sfarzo di un tempo, ma con un’aurea di mistero che le hanno lasciato tante vicissitudini. Anche se oggi nelle sue strade un tempo deserte si aprono gallerie d’arte e ristoranti, il luogo è ancora molto suggestivo. Qui è stato ambientato, fra altri film, anche Puerto Escondido di Gabriele Salvatores (1992).
Una curiosità: per accedere alla cittadina è necessario percorrere due chilometri e mezzo fra le nude pareti di roccia del tunnel Ogarrio. Un ricordo tangibile della sua origine mineraria.
Informazioni utili
Se volete gustare l’atmosfera ancora un po’ misteriosa di Real de Catorce e godere in tranquillità trekking e passeggiate a cavallo nel deserto circostante, evitate il periodo tra il 25 settembe e il 12 ottobre, quando migliaia e migliaia di pellegrini invadono la cittadina per implorare grazie a San Francesco. Persino i ristoranti migliori chiudono in questo periodo, per sfuggire all’assalto della moltitudine.