L’ultima importante scoperta riguardo la millenaria civiltà maya è relativamente recente.
Era infatti il marzo del 2009 quando la notizia di un ritrovamento eccezionale scosse la comunità scientifica: a El Mirador, nel nord del Guatemala, era stato ritrovato un fregio di notevoli dimensioni (3 mt x 4 mt) raffigurante una scena mitologica: la fuga a nuoto da Xibalbà, il luogo dell’oltretomba, dei mitici gemelli Hunahpú e Ixbalnqué insieme al padre, il Dio del Mais. Un mito che verrà riportato nel Popol Vuh, scritto molti secolo dopo, già in epoca coloniale.
L’importanza straordinaria del ritrovamento a El Mirador consisteva proprio in questo sfasamento temporale, che obbligava gli studiosi a rivedere la storia della civiltà maya, soprattutto la datazione dei periodi in cui è tradizionalmente suddivisa: Preclassico, Classico e Postclassico e l’attribuzione a ognuno di questi periodi degli aspetti caratterizzanti le varie fasi della civiltà maya.
Gli scavi condotti a El Mirador, infatti, sembra che possano fare anticipare di alcuni secoli lo sviluppo di elementi culturali (scrittura, miti, edificazione di grandi centri cerimoniali) finora attribuiti al periodo Classico, tra il 300 e il 900 d.C.
Fino al 2 ottobre sarà possibile ripercorrere la storia affascinante di questi ritrovamenti e degli interrogativi che pongono, compreso quello sul perché dell’improvviso declino della cultura maya e dello spostamento massiccio della popolazione, visitando la mostra “Maya: de l’aube au crépuscule", organizzata a Parigi dal Musée du quai Branly, il nuovo museo parigino (inaugurato nel 2006) dedicato alle culture non occidentali.
Per la prima volta sono esposti alcuni pezzi trovati a El Mirador e il visitatore potrà ammirare circa centosessanti pezzi che illustrano l’intero arco della storia maya, passando attraverso le sezioni in cui è articolata la mostra e che ripropongono la classica suddivisione dei periodi della civiltà maya. La quarta e ultima sezione è doverosamente dedicata ai maya di oggi, facendo conoscere le popolazioni native del Messico e del Guatemala attraverso documenti fotografici e video.
Chi, invogliato dalla visita alla mostra, volesse visitare il sito archeologico di El Mirador, si deve preparare a una lunga e non comoda escursione. Le rovine, sparse su un’area di oltre 2000 chilometri quadrati ed ancora in gran parte ricoperte dalla selva, sono raggiungibili solo a piedi o a dorso di cavallo e di mulo.
L’avventura inizia quasi al confine con il Messico, nel Petén, esattamente nel villaggio di Carmelita, sorto una sessantina di anni fa come base per lo sfruttamento del chicle, la resina dell’albero del Chicozapote più conosciuta come “gomma da masticare”.
El Mirador, quattro volte più vasto del più famoso sito di Tikal, offre un’esperienza unica: quella di visitare un sito archeologico quasi completamente vergine, ricoperto dalla folta foresta pluviale che ha preservato dalla erosione degli elementi le sue costruzioni, come la gigantesca piramide che si eleva per 60 metri e che dalla sua cima offre lo spettacolo dell’immenso mare verde che la circonda.
Due giorni di marcia portano, attraverso gli accampamenti dei raccoglitori di chicle, fino a El Mirador, dove si sosta per l’intera giornata. Altri due giorni di cammino riportano gli appassionati esploratori al villaggio di partenza, da cui provengono le guide.
L’idea di attraversare la foresta alla ricerca di rovine maya intatte vi affascina? Prendete allora contatto con le guide locali a Carmelita e buona aventura !
Per informazioni sulla mostra di Parigi, vedi il sito del Musée du quai Branly www.quaibranly.fr
Un possibile indirizzo internet per contattare le guide maya (è consigliabile verificarne l’affidabilità rivolgendosi ad agenzie di viaggio specializzate in viaggi di avventura) è http://www.mostlymaya.com/index.htm